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Memoria di stato - Novembre 2008
LA STORIA E LA SCUOLA ATTRAVERSO I GIORNALI
Tra negazionismi e memorie di Stato.
La discussione sulla "libertà di storia"
di Paolo Bernardi
Novembre 2008
La grave vicenda del professore negazionista di Roma, di cui i quotidiani si sono occupati il 18 novembre scorso ( Il Messaggero: Professore negazionista: ispettori al Liceo di Via Ripetta ), ha riaperto il dibattito sulla memoria della shoah, rispetto alla quale negli ultimi anni sono stati versati fiumi di inchiostro. Non è qui il caso di ripercorrere integralmente i termini di tale discussione.
La notizia però mi ha stimolato ad andare a ripescare un non meno importante spunto di dibattito, peraltro evocato anche da un articolo di recente dedicato ad un tema all’apparenza più “leggero”. In data 11 novembre, infatti, in una sua corrispondenza da Parigi ( Così la Francia riscrive il suo calendario, di G. Martinotti ) , l’inviato della Repubblica raccontava quali discussioni stiano sorgendo in Francia di fronte alla proposta di semplificare il calendario delle festività “storiche”, nel nome di una essenzializzazione delle celebrazioni laiche. E questo proprio mentre in Italia lo Stato continua a percorrere la strada opposta, con l’affollamento delle giornate della memoria e del ricordo, la rivitalizzazione degli “anniversari della vittoria” e delle principali commemorazioni militari, fino alla proposta del Ministro della Difesa di dedicare una giornata (un’altra!) alla memoria delle leggi razziali ( La Repubblica, 6 novembre 2008 ).
Il punto è: è lecito che lo Stato e la Legge entrino pesantemente nel campo degli studi storici, sia in positivo, istituzionalizzando occasioni ufficiali dedicate alla memoria degli avvenimenti caratterizzanti la comunità nazionale, sia in negativo, comminando condanne penali a coloro che negano o travisano la memoria di tali avvenimenti?
La polemica mediatica sulle cosiddette “leggi della memoria” è di qualche anno fa, ma è stata rinverdita recentemente in seguito alla pubblicazione su “Le monde” di un’ulteriore e più articolata presa di posizione dello storico francese che da anni è il portabandiera dell’associazione per la Libertà della storia, Pierre Nora.
L’articolo di Nora, datato 8 ottobre, e pubblicato in francese anche sul sito dell’associazione “Liberté pour l’histoire” (ve ne offriamo anche una nostra traduzione in italiano ), e che prende le mosse da quella che allora era solo una proposta di legge quadro dell'UE, è stato rilanciato in Italia da un intervento dello storico Eugenio Di Rienzo sul Blog che il Corriere della Sera dedica alla storia.
In seguito a quel pezzo, la notizia è stata ripresa dai giornali italiani, in particolare dalla Repubblica, con un commento di Timoty Garton Ash ( 19 ottobre: Le leggi della memoria non censurino gli storici ) e dal Corriere della Sera, con un servizio di Dino Messina e due brevi interventi di Sergio Romano e Furio Colombo ( 23 ottobre: Leggi della memoria, il fronte del no ).
Per approfondire ulteriormente la questione si consiglia di vedere il dossier , corredato di un ricchissimo archivio di leggi e documenti, che ad essa dedicò nel suo sito la SISSCO in occasione della “proposta di legge Mastella” (23 gennaio 2007), con un’ampia rassegna stampa e con l’appello per la libertà della storia all’epoca sottoscritto da molti storici italiani.
Un'ultima occasione per tornare sulla questione è venuta proprio in questi ultimi giorni, dopo l'approvazione della suddetta legge quadro europea in materia di razzismo e negazionismo (il Sole 24 ore, 29 novembre 2008: Carcere fino a tre anni per i reati di razzismo ). In base alla legge, approvata dopo sette anni di accese discussioni, verrà punito non solo chi si proclama razzista, ma anche chi nega o minimizza crimini contro l'umanità.
C'era da aspettarsi, dunque, una ripresa in grande stile dell'attenzione dei media alla questione, il che si è puntualmente verificato il 30 novembre scorso quando, sul Corriere della Sera, è apparsa la traduzione della (dura) risposta di Bernard Henry Levy all'appello di Pierre Nora ( Perché una legge contro i negazionisti ).
E la sensazione è che il dibattito sia tutt'altro che chiuso.