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Quaderni di Clio '92 n.11

La porta del tempo

Storia e memoria in laboratorio

L'esperienza dell'I.C. "F. Marro" di Villar Perosa (TO)

  A cura di L. Prot

Introduzione di Ivo Mattozzi

Clio in laboratorio. Istruzioni per l'uso del Quaderno

 

La maggioranza degli studenti dei miei corsi nel primo o secondo anno di università ricordano la storia con espressioni di questo tenore:

«Iniziando la scuola media, con dispiacere ho dovuto affrontare la storia in maniera molto diversa rispetto a come mi era stata proposta alle scuole elementari. Il professore che ci ha seguito per tutti e tre gli anni utilizzava il libro di testo come unico strumento di insegnamento. Solitamente in classe leggevamo alcune pagine insieme e in seguito il professore ci indicava cosa sottolineare, come compito a casa noi dovevamo ricopiare quanto sottolineato e studiare solo quella parte.

La storia diventò ben presto una materia noiosa basata solamente su momenti di copiatura e di studio mnemonico, togliendoci così tutto l'interesse.»

Potrei sciorinare centinaia di dichiarazioni simili per tutti gli ordini di scuola. Esse denunciano tutte il pessimo esercizio dell'insegnamento ridotto al metodo trasmissivo di nozioni.

Le incompetenze ricevute dagli insegnanti nella loro formazione iniziale sono all'origine della proposta di una storia che appare senza senso agli alunni i quali non riescono né ad impararla né ad apprezzarla positivamente.

Un modo di insegnare che fa scendere le lacrime agli occhi di Clio, la musa ispiratrice e protettrice della storia.

La scuola italiana ha bisogno di insegnanti competenti. Le Indicazioni nazionali e quelle provinciali per la scuola dell'obbligo formulano obiettivi di apprendimento che richiedono una mediazione didattica competente e messa in atto attraverso pratiche laboratoriali. Anche le indicazioni per il triennio terminale della scuola secondaria superiore orientano verso la progettazione di processi di insegnamento e di apprendimento nei quali le attività laboratoriali contribuiscano alla formazione delle abilità e delle conoscenze in misura intensiva.

Questo quaderno è un contributo alla riflessione su come si può soddisfare l'esigenza affermata dai testi delle indicazioni per il curricolo e dalle ricerche in didattica della storia. Vi contribuisce non con la teorizzazione della via laboratoriale alla formazione storica ma ricostruendo due vicende intimamente intrecciate: quella professionale di un'insegnante che è diventata competente in servizio e quella del laboratorio di storia di cui lei è stata una delle fondatrici e responsabile per tredici anni.

Le due vicende esemplari si intersecano con quelle che la scuola italiana ha vissuto e continua a vivere scossa da ripetuti cambiamenti di indicazioni e da una progressiva riduzione di opportunità e di risorse. Esse sono, dunque, emblematiche: rivelano le diverse stagioni della scuola italiana degli ultimi decenni e le speranze, gli stimoli, gli impegni, le delusioni che le hanno accompagnate, e mostrano l'efficacia delle pratiche di apprendimento svolte in laboratorio.

Ma il laboratorio non è stato solo un luogo per promuovere la formazione degli alunni. Ha adempiuto anche ad una funzione importante di produzione culturale: ha generato una raccolta di fonti di memoria ed ha prodotto pubblicazioni che hanno fatto conoscere anche agli adulti la storia locale.

Ad avallare l'importanza della presenza del laboratorio per la scuola e per la comunità di Villar Perosa non ci sono solo la narrazione e la riflessione dell'insegnante. Il quaderno è singolare, infatti, anche per la raccolta di brevi testimonianze di dirigenti scolastici, di insegnanti, di amministratori comunali. Ma oltre quelle ci sono, particolarmente significative, le memorie di ex studentesse e di ex studenti. Esse mostrano come la frequenza delle attività laboratoriali abbiano avuto effetti positivi sulla loro immagine di storia e sui loro apprendimenti.

Il loro rapporto con lo studio della storia è opposto a quello che è dichiarato dai tanti studenti evocati nel mio incipit.

Dunque, si può leggere il Quaderno come una guida a pensare un laboratorio di storia in carne ed ossa e non come introduzione teorica ad esso: il testo ci fa sapere e comprendere come si può assumere una mentalità laboratoriale, come si può progettare il laboratorio, come si può attrezzare, come si può gestire, quali attività sono possibili ed efficaci, come è possibile stabilire relazioni con le comunità del territorio, come esso può diventare propulsore di raccolta di beni culturali, come la gestione e l'allestimento delle attività fa crescere le competenze professionali degli insegnanti. E rende nitide tutte le pratiche implicate poiché lo fa con il racconto autobiografico misto a riflessioni sulla nascita e lo sviluppo del laboratorio.

Clio sorride e si compiace di essere così ben accolta e ospitata in una scuola e prova orgoglio che il laboratorio abbia prodotto un patrimonio culturale e che esso stesso sia diventato un bene culturale per la comunità di una valle e per la comunità degli insegnanti di storia.

 

Premessa di Loredana Prot

L'io narrante, ovvero la responsabile del laboratorio.

Sono un’insegnante come tante, di quelle che hanno cominciato con la scuola che prima si chiamava elementare e ora primaria. Di quelle che hanno voluto e creduto nel tempo pieno, in una scuola attenta al territorio, pronta a interagire con esso quando è possibile condividere un disegno educativo.

Sono una di quelle con un sacco di ideali per la testa, che non smette di pensare che sia giusto perseguirli e trasmetterli, che dal lavoro con i ragazzi ha ricevuto molte gratificazioni e nonostante gli anni continua a entusiasmarsi per il nuovo che avanza e cerca di impiegarlo a vantaggio della relazione insegnamento-apprendimento. Insomma una che nella scuola ci crede, ahimè![1]

Proprio l’apertura al territorio, il mio profondo radicamento su di esso, la consapevolezza dei suoi limiti e delle sue risorse e alcuni incontri fortunati, come quello con Ivo Mattozzi e i soci di Clio ‘92, hanno fatto sì che un’idea che accarezzavo da tempo diventasse realtà. Con l’appoggio della dirigente di allora, Mariella Amico e di un gruppo di colleghi, è nato il laboratorio di storia della nostra scuola. Contemporaneamente è stato creato l’Istituto Comprensivo “F. Marro”, che ha visto l’accorpamento sotto un’unica presidenza di scuole dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado, operanti nella bassa val Chisone.

Le ambizioni iniziali erano molto alte, soprattutto quelle relative alla continuità tra ordini di scuole; le situazioni, le strutture, le competenze, le riforme (sigh!) della scuola in questi anni, le avrebbero presto ridimensionate.

Ripetuti tagli di organico ne hanno pian piano limitato l’attività e infine determinato la conclusione, avvenuta a giugno 2010.

Si impone ora un’operazione di conservazione del patrimonio storico e didattico raccolto.

Lo devo ai testimoni che generosamente, e a volte con sofferenza, hanno fatto dono della loro storia e delle immagini e dei documenti ad essa legate.

Lo devo ai ragazzi e alle ragazze che hanno frequentato il laboratorio, i destinatari delle storie raccolte sono stati prima di tutto loro. E ancora loro sono il futuro della memoria, che sottende la capacità di guardare al passato e al presente in modo integrato e critico, di testimoniare l’identità del proprio territorio, i suoi valori, nella consapevolezza dei legami che lo uniscono al mondo.

Lo devo alle molte colleghe e ai colleghi vicini e lontani che con me hanno ideato e sperimentato i percorsi di ricerca più innovativi, caratterizzandoli con la loro sensibilità individuale.

Infine lo devo ai genitori e ai rappresentanti delle istituzioni che hanno sostenuto a diverso titolo il progetto del laboratorio, in primis ai dirigenti che lo hanno promosso e seguito nel tempo.

Il direttivo di Clio '92 ha accolto la proposta di Ivo Mattozzi di pubblicare un quaderno dedicato al laboratorio di Villar per preservare, gioco del destino, la memoria del laboratorio stesso.

A pochi anni dal suo avvio l’attività era stata illustrata sul n° 3 della stessa collana dei Quaderni Clio ‘92, si tratta ora di verificare quanto di quel progetto iniziale è stato realizzato e come lo si è fatto, quali siano gli elementi qualificanti e trasferibili.

Ho scelto di parlare in prima persona perché nella ricostruzione storica la soggettività è un elemento importante, di cui è bene essere consapevoli. La presentazione delle operazioni intraprese e le riflessioni sulle stesse sono quindi frutto del mio sguardo. Tuttavia nella parte conclusiva sono presenti una serie di testimonianze di persone coinvolte a vario titolo dall’attività del laboratorio: ex-alunni, genitori, insegnanti, amministratori.


 

 

[1] Ahimè, perché di questi tempi è difficile non darsi per vinti e rassegnarsi a considerare e svolgere il proprio compito al minimo sindacale. Frase ricorrente nei corridoi: «Tanto nessuno dà più importanza alla scuola, a quella pubblica poi…, ma a chi importa DAVVERO della scuola?» Della QUALITA’ VERA della scuola, che non è quella dei numeri, tra parentesi. Allora la stanchezza avanza, pesa come un macigno e nei momenti peggiori mi succede di immaginarmi nei panni di un novello Don Chisciotte, l’unico elemento di novità: cavaliere al femminile. Vuoi mettere?!

 

 

 

 

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