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Walter Panciera, Insegnare storia nella scuola primaria e dell'infanzia, Roma 2016

Walter Panciera, Insegnare storia nella scuola primaria e dell'infanzia, Carocci editore, Roma 2016, pp. 176, € 17,00

 

Recensione a cura di Martina Debertol

 

Con l'opera Insegnare la storia nella scuola primaria e dell'infanzia, l'autore Walter Panciera, professore di Storia moderna e Storia della Repubblica di Venezia nell'Università di Padova, mira ad offrire agli studenti di Scienze della formazione primaria uno strumento di studio agile dal quale partire per l'apprendimento della didattica della storia.

L'autore avvia il discorso facendo un'attenta ed accurata analisi di come la storia ancora oggi, nonostante accesi dibattiti in corso già dagli anni Settanta, sia frutto di una diffusa e distorta visione che la considera materia puramente da raccontare per l'insegnante, e squisitamente mnemonica per il discente.

Viene sostenuta fortemente l'idea che la storia non è materia da trasmettere in modo passivo.  Essa dovrebbe diventare una vera e propria palestra cognitiva affinché gli alunni di ogni ciclo possano entrare in possesso di quelle competenze che sono necessarie alla costruzione della personalità dell'individuo.

Un puro metodo trasmissivo-sequenziale, caratterizzato dalle fasi spiegazione-studio-interrogazione, ha portato e continua a portare gli alunni a provare una sorta di disaffezione nei confronti di questa materia da cui il genere umano stesso non può prescindere.

"La storia non è il passato" come riprende il nome di uno dei sottocapitoli del testo, ed è questo uno dei concetti fondamentali che tratta l'autore. L'insegnamento della storia non può ridursi alla lettura del manuale, e cioè alla lettura di quel testo che per molti contiene tutto quello che c'è da sapere della storia: la storia è di più, è altro. Soprattutto noi, che viviamo sul territorio italiano, siamo immersi nella storia. In forza di questa presa di coscienza, l'autore invita a più riprese gli insegnanti - futuri e attuali - a prendere sul serio la propria professione di specialisti della mediazione didattica, per non correre il rischio che i loro alunni, futuri cittadini, non riescano a rendersi conto che nella storia vivono e ne fanno parte.

A questo esame di cosa sia la storia, l'autore fa seguire l'esposizione dei diversi generi storiografici. Il contenuto di tale capitolo risulta essere interessante e utile per comprendere come la storia si presti ad essere una materia di collegamento interdisciplinare. La storia lascia ampio spazio di manovra al docente, il quale con un po' di perizia può dare vita a lezioni sempre varie e coinvolgenti: tale ultimo aggettivo non è casuale. Il coinvolgimento del discente, infatti, nel percorso di formazione della conoscenza è fondamentale. L'autore parla spesso di "motivazione", asserendo che "l'interesse reale è condizione necessaria  per qualsiasi percorso di apprendimento per competenze". Risulta quindi essere questo uno dei principali compiti di un insegnante, creare interesse e motivazione per le attività che propone: è di primaria importanza non far scemare quell'innata curiosità, quella voglia di sapere che manifestano i bambini fin dalla tenera età. 

La citazione qui ripresa introduce il lettore ad un altro concetto nodale trattato dall'autore: l'apprendimento per competenze. Questo tema viene illustrato nel secondo capitolo dell'opera per mezzo di un accurato esame del percorso politico e legislativo che ha portato alle Indicazioni nazionali del 2012.

In queste pagine il professor Panciera prende atto di come il sistema politico italiano sia ormai conscio del fatto che ad un'educazione basata sulla mera progressiva interiorizzazione di pure conoscenze si debba preferire un sistema formativo basato sull'acquisizione di competenze, come raccomandano anche le disposizioni dell'Unione Europea. Nonostante le buone intenzioni del legislatore, però, l'autore non manca di mettere in luce che le riforme attuate nel tempo dimostrano "legami scarsi e a volte assenti tra obiettivi dichiarati, strumenti didattici in uso e livello concreto di preparazione disciplinare e metodologica dei docenti".

Il terzo capitolo entra più nello specifico della didattica della storia, fornendo una disamina dei diversi modelli di insegnamento della storia.

Il modello trasmissivo-sequenziale, di cui si è già accennato, non viene completamente demonizzato dall'autore, il quale sostiene che una spiegazione appassionata e competente, se sostenuta e arricchita dall'uso delle nuove tecnologie, possa trasmettere passione per la disciplina e suscitare curiosità.

Altra metodologia didattica che ben si presta all'insegnamento della storia è l'unità modulare di apprendimento (UMDA). Questo metodo contempla il ricorso ad attività pratiche e ad esercitazioni, in cui lo studente è chiamato ad imparare facendo: sarà lui stesso a costruire la propria conoscenza. Al docente viene richiesta un'ottima preparazione sull'argomento e le capacità di essere un eccellente organizzatore e un sapiente facilitatore dell'apprendimento.

È interessante l'appunto che l'autore avanza nei riguardi di un sistema italiano lacunoso in quanto carente di strumenti nuovi e aggiornati che possano facilitare il lavoro concreto dei docenti, quali percorsi modulari già strutturati, disponibili in rete, corredati di relativa idonea dotazione di materiali  e di documentazione varia (a questo proposito, il libro offre al capitolo 4 esempi di laboratori, fruibili come modelli per strutturare ulteriori attività modulari).

Ultima metodologia didattica presa in considerazione nel testo è il laboratorio di storia. Si cominciò a parlare di questo "luogo fisico attrezzato per il lavoro d'équipe tra docenti e studenti" già negli anni Settanta del secolo scorso, ma salvo sporadici casi, questa metodologia non ha riscosso mai molto successo.

Appare particolarmente interessante e condivisibile la proposta, riportata dall'autore, del professore e storico Ivo Mattozzi di creare più che un laboratorio fisico di storia, una "didattica laboratoriale", cioè un ambiente condiviso in cui docenti e allievi e allievi tra loro possano interagire dando vita a quel processo di co-costruzione della conoscenza, che porta ad un sapere consapevole e critico. Consapevole, perché nato da un interesse reale, e critico, perché, nel seguire le fasi della ricerca storica, saranno gli allievi stessi a dare le risposte alle loro domande, formulando ipotesi, selezionando le tracce e interrogandole facendole divenire fonti, organizzando le informazioni in un testo storico, per poi confrontarsi tra di loro e con il docente. 

La parte più teorica dell'opera si conclude con un paragrafo dedicato al rapporto fra la storia e le nuove tecnologie. Tra le otto competenze chiave previste dall'Unione Europea rientra, non a caso, anche la "competenza digitale". In un'era in cui gli studenti sono tutti nativi digitali, una buona educazione digitale potrebbe essere molto più utile del divieto incondizionato di utilizzare il web per compiere ricerca storica. Oggi esistono cataloghi bibliografici on-line, testi storici digitalizzati, banche dati di vario genere, che ben si prestano ad essere utilizzati anche all'interno di una didattica di tipo laboratoriale.

In conclusione è possibile affermare che il testo risulta essere un valido sussidio per il lavoro di docenti già attivi e può essere utilizzato come strumento di studio introduttivo per un corso di didattica della storia ben strutturato. Ad avviso di chi scrive, potrebbe essere migliorata l'impostazione dell'indice, soprattutto del primo capitolo: la suddivisione in capitoli, paragrafi e sottoparagrafi del testo dovrebbe fornire al lettore una sorta di mappa concettuale per orientarsi nel pensiero dell'autore, mettendo in risalto gli snodi e le connessioni fondamentali tra i diversi argomenti.

L'opera fornisce interessanti spunti di riflessione, sul rapporto tra storia e tecnologia, tra storia e i diversi metodi didattici e anche tra conoscenza storica e coscienza civica, rapporto questo che racchiude un po' in sé il senso ultimo della storia e del suo insegnamento. Sono persuasa, infatti, che senza cultura storica, un individuo non potrà mai comprendere appieno la propria identità, non potrà cogliere l'importanza, la bellezza e soprattutto la responsabilità di far parte della storia collettiva che lo circonda.

 

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