Diventa socio
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- La vita religiosa nell'Italia moderna
- Rinascimento al femminile di Ottavia Niccoli
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- La formazione iniziale e in itinere dei docenti
- Tra letteratura e storia al Premio Campiello 2007
- Archeologia e storia
- Tra autobiografia e storia
- Comprendere il mondo con Immanuel Wallerstein
- Formazione degli insegnanti e modelli progettuali
- Storia, musica leggera e canzone popolare
- Il museo come scuola
- Una storia di strade
- Per una pedagogia del patrimonio culturale
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- Storia del Partito d'Azione
- Passione e ragione nel mestiere dello storico
- La scuola nel dopoguerra
- Dal museo tradizionale all'arte multimediale
- Tra ricerche e letture. Il pensiero di Morin.
- I saperi di Edgar Morin
- Storia della vita della scuola a Bergamo
- La democrazia: un concetto occidentale?
- Storia sociale e categorie interpretative
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- Storia sociale dell'impero romano
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- La storia fra ricerca e didattica
- Cercare un altro mondo
- Tre punti di vista diversi sulla formazione
- L'apprendista insegnante
- Le associazioni disciplinari e i nuovi programmi
- Osservare per educare
- Storia delle stagioni balneari dalle origini ai nostri giorni.
- Uno sguardo sui Balcani
La scuola nel dopoguerra
G. CAVINATO, F. AGOSTINELLO, L. MELINATO (A CURA DI), LA SCUOLA ELEMENTARE DI MARTELLAGO NEL DOPOGUERRA, DIPARTIMENTO DI RICERCA STORICA DEGLI ISTITUTI COMPRENSIVI DI MARTELLAGO E MAERNE (VENEZIA), 2005, PP. 241, S.I.P.
Martellago è un paese né grande né piccolo, un paese come tanti, della provincia di Venezia, che ha vissuto gli ultimi decenni della grande trasformazione del nord-est italiano da territorio di piccole comunità rurali a regione di piccole imprese, a industrializzazione diffusa, con il conseguente mutamento di vita quotidiana e cultura materiale, oltre che del resto.
La scuola costituisce una sede privilegiata dove i mutamenti vengono registrati, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Infatti i “registri” scolastici conservano le annotazioni quotidiane di maestre e maestri che, notizia dopo notizia, informazione su informazione, ci forniscono un quadro generale della condizione sociale della popolazione di Martellago nei primi anni del dopoguerra e negli anni Cinquanta.
Il volume curato da Cavinato, Agostinello e Melinato centra sulla scuola la propria attenzione e ci fa respirare l’aria e il clima di quegli anni, integrando le fonti d’archivio con alcune interviste, fotografie e materiali didattici dell’epoca.
“Riteniamo particolarmente significativo - scrivono i curatori nell’Introduzione - lo squarcio di vita e di esperienza rappresentato dalla storia della scuola in un paese dell’entroterra veneziano in quanto restituisce a chi ci vive un quadro (che non vuole essere solo una fotografia) della propria situazione, del proprio passato recente e meno recente; e in quanto, attraverso i cambiamenti che possiamo riscontare nell’organizzazione scolastica, si può risalire ad altri, grandi e piccoli, cambiamenti avvenuti nel modo di vivere, di abitare, di lavorare.”
La modalità scelta dagli autori per rappresentare il decennio 1945-1955 di Martellago non è quella narrativa; essi “interpretano” meno possibile le fonti optando, invece, per una loro presentazione ragionata e fortemente dotata di senso. Quindi, dopo una breve introduzione metodologica e un inquadramento generale del periodo procedono ad una organizzazione delle informazioni secondo temi che, tutti assieme, ci danno un affresco della condizione di vita della comunità di Martellago nel decennio 1945-1955, osservata dal punto di vista della scuola.
Così la realtà socio-economica emerge dalla ricerca delle informazioni sul “lavoro dei padri”, sulle cause delle assenze, sulle considerazioni di maestre e maestri intorno all’abbigliamento, al comportamento, alle condizioni di vita extrascolastica dei loro allievi e delle loro allieve.
Grande interesse per noi insegnanti rivestono le notizie portate alla luce dal lavoro delle colleghe e colleghi di Maerne e Martellago sull’organizzazione scolastica, sulla cultura pedagogica e sulla pratica didattica di quegli anni. Così viene ricostruita una mentalità che rivela una visione dell’infanzia realistica, dal punto di vista sociale, ma spesso accompagnata da una concezione della propria funzione educativa fortemente riduttiva nei propri obiettivi formativi:
“Solo quattro continueranno a studiare; molte resteranno qualche anno a scuola di taglio e cucito qui dalle suore; qualcuna dovrà lavorare sodo a casa...; qualche altra andrà a servizio...; qualche altra per fortuna starà vicino alla sua famiglia imparando a diventare una brava donnina di casa...” (p. 42, da un registro del 1954-55)
“Gli esami sono terminati. La Commissione ha deciso di promuovere 32 alunni su 34. Più d’uno ha dovuto essere aiutato ma d’altra parte cosa si può pretendere da un bambino di undici o dodici anni? Se si arriva a scrivere, a fare qualche calcolo e se interrogato sa rispondere qualcosa, perché non promuoverlo?” (p.43, da un registro del 1955-56)
Una tematizzazione efficace per guardare “oltre” la scuola è quella di scavare tra le cause delle assenze di scolare e scolari. Così scopriamo l’incidenza di malattie ancora attuali, come l’influenza:
“...da metà gennaio ad oggi [15 febbraio] la frequenza è stata molto bassa: tutte le mie scolare sono rimaste a casa da due a otto giorno, tutte con l’influenza a decorso benigno, soltanto due con complicazioni bronchiali...” (p. 112, da un registro del 1954-55)
e non più attuali, come il morbillo:
“...pochi presenti oggi causa il morbillo. Dietro approvazione delle colleghe, avverto l’ufficiale sanitario del germe epidermico causa delle assenze degli alunni” (p. 112, da un registro del 1952-53)
e cause di assenza oggi superate:
“[20 febbraio 1947] ...sono tornata a scuola dopo più di un mese per mancanza di riscaldamento.”
(p. 113, da un registro del 1946-47)
“L’obbligo scolastico esisteva fino alla quinta elementare, ma spesso nonni e genitori preferivano che i ragazzi aiutassero nei lavori dei campi o accudissero gli animali e così li tenevano a casa. Erano gli insegnanti che dovevano recarsi nelle case degli alunni non frequentanti e cercare di convincere nonni e genitori a mandare i ragazzi a scuola. Un compito non troppo facile perché c’era tanta ignoranza in merito (qualche genitore non sapeva né leggere né scrivere ed era il loro figliolo che faceva da maestro in casa)”
(p. 118, dall’intervista ad una maestra nel 2002)
La scuola, però, costituisce il centro dell’analisi degli autori, nei suoi aspetti materiali: gli edifici, l’arredamento, i sussidi didattici; in quelli organizzativi: le visite e le relazioni di direttori e ispettori, il calendario scolastico, le riunioni degli insegnanti; in quelli pedagogici e didattici: i maestri e le maestre, la disciplina, la valutazione.
L’immagine che ci viene rimandata è quella di una scuola che funziona, tra mille difficoltà, è vero, ma funziona; con la passione e l’intelligenza di maestre, maestri, direttori e ispettori; tra l’attenzione dell’ente locale e delle famiglie. Lontana dalla realtà viva che traspare da registri e interviste sembra essere solo la gerarchia ai gradi alti: il ministero e il provveditorato, con le loro ordinanze e le loro circolari, che, a dire il vero, non paiono molto differenti nel tono e nello stile (e nei contenuti?) da quelle di oggi!
Molti dei temi emersi dalla ricerca sui registri scolastici sono ripresi e arricchiti da una dozzina di interviste ai nonni condotte assieme ai bambini. La lettura di queste interviste è molto istruttiva oltre che piacevole. Ci restituisce la vivezza della quotidianità degli anni Quaranta e Cinquanta, sembra di sentire la loro voce che racconta la condizione dei bambini:
“Avevo una sorella più grande, poi un’altra e io ero la terza. Avevo i vestiti di mia sorella, mai nuovi, sempre vecchi. Ci si passava gli abiti, perché eravamo tanti fratelli: eravamo sette fratelli e allora si passavano gli abiti, i vestiti.
...i vestiti...sempre puliti perché la mia mamma lavava tanto, non c’era lavatrici e insomma ci cambiava, eravamo sempre puliti quando andavamo a scuola.
Cartelle di cartone... avevamo le cartelle di cartone e non c’erano tante penne; una volta c’era l’inchiostro, non la biro, non c’era la biro; c’era le matite e la penna col pennino e l’inchiostro: facevamo tanti di quei scarabocchi! C’era un pennino e una bottiglietta di inchiostro.” (p. 212)
Infine un capitolo dedicato ai “materiali per la didattica della storia locale” spiega alle e agli insegnanti come utilizzare questo fascicolo, come utilizzare i documenti d’archivio e le interviste riportate nel volume, come farne delle altre, come fare ricerca storico-didattica con altri documenti e altre fonti iconiche e materiali. Insomma una quindicina di pagine conclusive di “istruzioni per l’uso”. Ottime.