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Mario Lodi, maestro della Costituzione

ANNA MASALA, Mario Lodi maestro della Costituzione, MCE, Quaderni di Cooperazione Educativa, edizioni Junior, Azzano S. Paolo, 2007

Recensione a cura di Vincenzo Guanci    

La pedagogia della collaborazione e la conversazione per realizzare l'apprendimento

“Distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni paura, dare motivazione e felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di compagni che non gli siano antagonisti, dare importanza alla sua vita e ai sentimenti più alti che dentro si svilupperanno, questo è il dovere di un maestro, della scuola, di una buona società.”

La redazione di “ Quaderni di Cooperazione Educativa ” pone queste parole di MarioMario Lodi, maestro della Costituzione  Lodi a conclusione del suo commento al bel libro di Anna Masala. Noi le proponiamo all’inizio della nostra segnalazione perchè ci paiono sintetizzare in modo mirabilmente efficace i motivi per i quali vale la pena occuparci oggi, all’inizio del ventunesimo secolo, del pensiero e soprattutto dell’opera di Mario Lodi. 

Nasce a Vho di Piadena, in provincia di Cremona, nel 1922, l’anno della presa del potere di Mussolini. Da scolaro frequenta la scuola fascista con una maestra di cui negli anni Novanta scriverà: “Era una strega. Ce lo aveva fatto intendere chiaramente, perché, ci disse, poteva vedere davanti e dietro. Infatti entrava in classe, voltava le spalle a noi bambini ma si accorgeva di tutto. ‘Stai zitto tu, Mario, che ti ho visto!’ Troppo piccoli per capire che ci vedeva nel gioco di specchi delle finestre. E la mia mamma, a quella maestra così faceva le torte. Io, bambino, mi chiedevo: ma perché? Se è una strega. Se dà le bacchettate?”. Quella maestra, però, convincendo sua madre a mandare il figlio all’istituto magistrale, aveva forse intuito in quel bambino un grande insegnante.

Dopo alcune deludenti esperienze di brevi supplenze in situazioni difficili (“avevo una seconda di 56 bambini...”), nel 1948, il primo anno della Costituzione repubblicana, Mario Lodi vince il primo concorso magistrale del dopoguerra e diventa maestro di ruolo prima a S. Giovanni, poi, nel 1956 a Vho, dove insegnerà fino alla pensione, nel 1978.

Anna Masala racconta la biografia di Mario Lodi, presentandola correttamente come un ‘percorso di conoscenza’, come il contesto che ci fa ben comprendere la portata delle sue innovazioni didattiche. Egli entra nella scuola “del tema, del dettato, del problema e dei tanto odiati pensierini” e si dispone a farne “una comunità in cui i bambini si sentano uguali, compagni, fratelli; nella quale essi non hanno al di sopra uno che li comanda e li umilia, ma un maestro che li guida alla esplorazione della vita”.  Quali didattiche adottare, allora? Le riviste dell’epoca non lo aiutano, anzi.

E’ decisivo, per questo, l’incontro, a metà degli anni Cinquanta, con il Movimento di Cooperazione Educativa,  che allora si chiamava ancora Cooperativa della Tipografia Scolastica,  e con la pedagogia e le didattiche di studiosi e insegnanti come Raffaele Laporta, Maria Corda Costa, Lydia Tornatore, Aldo Visalberghi, Bruno Ciari, Aldo Pettini, Giuseppe Tamagnini, Maria Luisa Bigiaretti, e poi lo stesso Célestin Freinet,  di cui in seguito visitò la sua casa-ateliér a Vence.

Così sperimenta l’efficacia educativa delle “classi aperte” e della “scuola attiva”, studia la didattica democratica di J. Dewey e l’esperienza innovatrice di “Scuola-Città Pestalozzi” di Ernesto Codignola.  E produce una quantità infinita di esperienze didattiche innovatrici. Va riconosciuto alla Masala il merito di riuscire a dare conto in poco più di un centinaio di pagine della grande fantasia e intelligenza didattica di Mario Lodi, il quale attribuiva al suo fare scuola un preciso significato politico, lo stesso di don Lorenzo Milani, di cui era buon amico, al punto che la corrispondenza tra i ragazzi di Barbiana e quelli di Vho, costituisce, secondo l’autrice, “il preludio alla creazione dell’opera collettiva Lettera a una professoressa”. La scuola di Mario Lodi si ispira ad una “pedagogia della collaborazione”, contro una “pedagogia della concorrenza”: “nel contesto della classe cooperativa l’atmosfera di amicizia e di collaborazione si contrappone all’egoismo individualista...”. Lo strumento didattico principale è la conversazione: “solo dando la parola ai bambini, essi vengono stimolati sia a raccontare che ad ascoltare ed è così che nasce e si sviluppa lo spirito democratico”. Lodi, scrive la Masala, “tende a realizzare la comunità scolastica come una piccola società di uguali-diversi e, anche in questo caso, intende la democrazia come valorizzazione del singolo (bambino) nel contesto della comunità (gruppo classe)”.

Mario Lodi, insomma, sebbene non faccia più il maestro da trent’anni, ci insegna ancora moltissimo. Concludiamo, perciò, questo segnalibro con tre notazioni che ci paiono ancora di estrema attualità:

  1. l’insistenza che Lodi pone, fin dall’inizio, sulla formazione degli insegnanti, senza la quale non è possibile alcun rinnovamento della scuola! Sono gli insegnanti a fare la scuola, non i programmi; tant’è vero che egli ha insegnato, alla sua maniera, nella scuola dei programmi Ermini del 1955! E’ del tutto inutile e, al limite, insensato, elaborare ed emanare intelligenti e innovativi programmi (o indicazioni) ministeriali,  se non ci si occupa seriamente di una buona preparazione degli insegnanti! E... meno male - viene da dire - che ci sono le associazioni professionali: “il Movimento di Cooperazione Educativa - scrive Mario Lodi - è stata la mia Università!”.
  2. Chi insegna conosce bene la portata dis-educativa degli spettacoli televisivi. Ebbene, Mario Lodi nel 1995 promuove una campagna contro la volgarità in TV, raccogliendo 550.000 firme su una petizione al Capo dello Stato chiedendo trasmissioni che rispettino i bambini, programmi formativi e costruttivi. La sua battaglia continua con la pubblicazione presso Einaudi nel 2002 del libro A TV spenta, nel quale motiva la scelta di non guardare mai la televisione spiegando “quante cose interessanti si possono fare nel mondo ‘reale’, contrapposto a quello televisivo virtuale che falsifica e abbrutisce la realtà”.
  3. In tempi di bullismo diffuso ci pare significativo ricordare le dieci leggi che ne Il paese sbagliato regolano “la vita comunitaria dei bambini già a partire dalla seconda classe:
    1. Quando si vuole parlare si alza la mano
    2. Non si interrompe chi parla
    3. A scuola non si sta senza far niente
    4. Quando il maestro è fuori o c’è una persona in aula che parla con lui, si lavora da soli in silenzio
    5. Quando entra una persona si saluta
    6. Dobbiamo rispettare gli animali e non farli morire
    7. Non si sporcano le schede, i quaderni e i libri: dobbiamo rispettare le nostre cose e quelle degli altri
    8. Dire sempre la verità
    9. Finito il lavoro si mette ogni cosa al suo posto
    10. Quando si prende un impegno bisogna mantenerlo.”

           

 

 

 

 

 

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