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La formazione iniziale degli insegnanti

CHARLES HEIMBERG, MARIA VASSALLO, Insegnare storia. Riflessioni e spunti di lavoro nella formazione iniziale degli insegnanti. A cura di Paolo Gheda, Università della Valle d’Aosta e Libreria Stampatori, Torino, 2007.

Il testo è stato pubblicato nella nuova collana QuaDISS - dell'Università della Valle d’Aosta, abbiamo chiesto a Maria Vassallo, autrice assieme a Charles Heimberg del volume, di presentarlo ai nostri lettori per la rubrica il Segnalibro. 

 

Riflessioni e spunti di lavoro per la formazione iniziale degli insegnanti di storia

 

(a cura di Maria Vassallo)

 

Le SSIS sono state in questi anni il terreno di sperimentazione di nuove modalità diCharles Heimberg e Maria Vassallo Insegnare storia incontro tra Università e mondo della scuola, dove si sono verificate, insieme a incomprensioni e problemi, anche interessanti esperienze innovative, frutto di riflessioni e ricerca comuni in campo educativo.

Si può leggere in questi termini la realtà della SSIS valdostana che ha voluto puntare sulla valorizzazione di tali esperienze, in cui risultano coinvolti docenti, accademici e non, e gli studenti stessi.

 

La nuova collana QuaDISS - che nasce per volontà del Comitato di proposta SSIS della Università della Valle d’Aosta - intende dare voce alla pluralità di figure che operano nel contesto formativo, raccogliendo manuali e studi espressamente pensati per la formazione iniziale e in itinere degli insegnanti di scuola secondaria. Si propone di rappresentare attraverso la pubblicazione di materiali autentici, quali esercitazioni e unità didattiche, anche l’attività dei soggetti primi dell’azione formativa, ovvero degli specializzandi destinati a diventare i futuri insegnanti.

 

Insegnare storia è il primo titolo della collana e nasce come strumento di riflessione sulla storia e sulla storia insegnata, quindi sulle metodologie e i nuovi oggetti di studio che recentemente si sono imposti sulla scena mondiale della storia; vuole essere di stimolo alla riflessione sull’insegnamento della storia, proporre percorsi formativi inconsueti, indicare metodologie innovative, suggerire percorsi formativi anche autonomi.

 

Il volume è bilingue (francese/italiano); si articola in tre parti, ciascuna delle quali, prodotta da autori diversi, affronta  ed esplora un tema essenziale per l’insegnamento della storia: i rapporti tra storia, storiografia e storia insegnata sono analizzati da Charles Heimberg; le indicazioni metodologiche e i risultati della ricerca nel campo della didattica della storia sono esaminati da Maria Vassallo; le unità di apprendimento, elaborate dagli studenti SSIS per l’esame finale del corso “Lessico e materiali per la storia”, sono state riorganizzate e strutturate per esercitare alcune abilità specifiche del docente di storia. L’Introduzione è di Paolo Gheda, curatore del libro.

 

Le prime due sezioni del volume illustrano due diverse modalità di approccio alla didattica della storia: l’una teorica (Heimberg), attenta a ricostruire i principi fondanti dell’insegnamento cercando di saldarlo con il “mestiere dello storico” che gli sta a monte, dal trattamento delle fonti alla formulazione delle interpretazioni sino alla stesura di un fatto storico; l’altra sezione (Vassallo) affronta i problemi di apprendimento, fornisce alcune indicazioni di lavoro  e presenta  itinerari pratici di insegnamento della storia.

 

Charles Heimberg introduce il lettore nella complessità della storia insegnata partendo dal presupposto che  storia, storiografia e storia insegnata sono ben distinte tra loro e dal loro intreccio nasce il senso comune della storia. Dunque cosa insegniamo nelle scuole? Come e con quali finalità? Se riteniamo che la storia sia - come sostiene Marc Bloch - scienza del cambiamento e scienza delle differenze, non possiamo tendere alla uniformità, ma dobbiamo tener conto della compresenza umana a scala planetaria e della sua complessità. Ma la storia è anche genealogica, si sviluppa su un asse temporale, crea le categorie di appartenenza, identità e esclusione. Come si conciliano le due concezioni della storia?

 

Heimberg suggerisce di adottare quello che viene definito lo sguardo “denso” sulla storia:  per riconoscere la complessità del mondo, bisogna intensificare lo sguardo, per coglierne non solo le successioni di causalità nella diacronia, ma anche nella descrizione sincronica.

Inoltre la storia si rivolge a tutti gli allievi, anche quando affronta nodi problematici; tutti gli allievi hanno diritto a conoscerla. Come rendere comprensibile la storia? Per ottenere risultati apprezzabili nell’insegnamento della storia occorre procedere all’elementation, che non è abbreviazione e neanche semplificazione della storia dei ricercatori. Si tratta di una vera e propria decostruzione dei saperi storici, cui segue una operazione di ricostruzione sulla base delle finalità dell’insegnamento e delle capacità di apprendimento. I saperi vengono decostruiti per trarne gli elementi fondamentali, la cui riorganizzazione permette agli allievi di accedere ai saperi con indispensabile spirito critico.

 

Heimberg si sofferma quindi sull’analisi del pensiero storico, sulla comparazione e sulla periodizzazione, intese come operazioni per investigare nel tempo e nello spazio, mettendo in guardia dal rischio di anacronismo che si può verificare quando si adottano criteri del proprio presente per analizzare e spiegare fatti di un’altra epoca e di un diverso contesto storico, oppure quando adottiamo una visione teleologica per cui la percezione del passato è condizionata da ciò che noi sappiamo essere accaduto nel tempo intercorso tra quel passato e il nostro presente.

E’ invece interessante rilevare e valorizzare le diversità del passato, ciò che lo caratterizza e lo differenzia dal presente, in una prospettiva antropologica, con una descrizione “densa”.

 

Nei capitoli successivi Heimberg analizza i tanti modi di scrivere la storia, analizzando

con particolare attenzione il rapporto tra storia e memoria, questione molto dibattuta, soprattutto negli ambiti extrascolastici, quali il mondo della politica e dei media.

Ma la storia non è memoria. Quest’ultima si basa soprattutto sul legame affettivo, corrisponde alla visione soggettiva del testimone o del gruppo sociale di riferimento, spesso per sottolineare appartenenze, identità. La memoria è plurale e divisa, corrisponde al ricordo di certi fatti del passato, lotta contro l’oblio e per il proprio riconoscimento. Senza storia, senza i criteri della storiografia, la memoria è “deviante”.

 

Si può scrivere la storia anche attraverso le immagini, le fiction, i documentari, ma – avverte Heimberg -  la lettura critica deve partire dalle condizioni in cui tali prodotti sono stati realizzati fino ad analizzarne le modalità di diffusione; quindi ci si deve soffermare sulla descrizione degli elementi che li compongono. Heimberg ci ricorda che la verosimiglianza della storia non è l’equivalente della verità. Ciò vale anche e soprattutto per il documentario, genere molto diffuso sul mercato e utilizzato ampiamente nelle scuole.

 

Ma prima di ogni narrazione storica – scrive Heimberg – bisogna considerare alcune questioni che stanno a monte della ricerca storica. Rifacendosi agli scritti di Reinhart Koselleck, è bene chiedersi quale concezione del rapporto con l’altro è stata adottata nella interrogazione del mondo, delle società di ieri e di oggi, vicine e lontane; quindi occuparsi dell’alterità e del bisogno di confrontarsi, solidarizzare, escludere in un gioco di opposizioni che sono alla base del vivere sociale.

 

Il testo di Heimberg prosegue con alcune riflessioni sul concetto di tempo e di spazio e sulla fase finale del processo di apprendimento, quando gli studenti sono chiamati a considerare le conoscenze apprese, a esporre i risultati del loro lavoro di analisi, in una parola a “narrare” la storia ricostruita.

Ma – suggerisce Heimberg – la narrazione è più fruttuosa se resta aperta alla pluralità delle possibili conclusioni e non nasconde la complessità delle società umane. La scrittura dovrebbe mantenere costante riferimento ai documenti esaminati e ai divergenti punti di vista degli storici; inoltre dovrebbe descrivere l’itinerario percorso e le difficoltà incontrate, su un piano il più personale possibile, in modo che le acquisizioni cognitive aiutino a costruire l’identità del futuro cittadino del mondo.

 

Nella seconda sezione, M. Vassallo analizza i processi di apprendimento collegati alla didattica della storia, tenendo conto della fondamentale distinzione tra sapere esperto e sapere insegnato.

Se oggi si registra, soprattutto nelle nuove generazioni, una persistente latenza della memoria storica, spesso dovuta a mancanza di interesse per questa disciplina, è opportuno domandarsi innanzitutto, in chiave didattica, come possa essere promossa l’utilità della storia.

Di qui l’invito a insegnare con l’obiettivo di contribuire a formare categorie analitiche nella mente dei giovani, per renderli capaci di costruire un’immagine della storia in interazione continua con la biografia degli individui.

 

È importante comprendere le modalità di apprendimento, come si producano curiosità, desiderio e intenzionalità. È allora possibile – si domanda la Vassallo – trasferire l’intreccio tra sapere e saper fare alla cultura storica?Una strada potrebbe essere quella di adottare operazioni cognitive.

Concordando con le proposte di Ivo Mattozzi e del gruppo di insegnanti ricercatori dell’Associazione Clio ’92 – l’autrice afferma che è possibile contribuire alla formazione del cittadino in termini cognitivi, attraverso lo sviluppo della conoscenza critica che si basa sulla costruzione di abilità e competenze.

 

L’autrice analizza gli aspetti metodologici dell’insegnamento della storia partendo dai bisogni degli studenti per proseguire con la definizione di un profilo professionale del docente di storia. Si addentra quindi nell’analisi della mediazione didattica, suggerendo modalità di approccio all’insegnamento che valgono per qualsiasi disciplina.

 

La storia non può prescindere dal tempo; occorre perciò costruire e sviluppare il pensiero temporale. Non esiste un ordine precostituito di fatti, esiste invece un’attività di costruzione dell’ordine temporale. Il testo guida alla conoscenza degli operatori temporali: datazione, cronologia, successione, contemporaneità, durata, periodo, ciclo, congiuntura, indispensabili per concepire il tempo.

Altrettanto importante è la collocazione dei fatti nello spazio, sia attraverso gli operatori spaziali, quali la localizzazione, la distanza, la distribuzione territoriale, le forme dell’agglomerato, il contesto ambientale e la delocalizzazione, sia attraverso l’uso delle scale di rappresentazione che in estrema sintesi possono essere ricondotte alla scala mondiale, macroregionale e locale.

 

Nei capitoli successivi, l’autrice propone una riflessione sul rapporto tra insegnamento della storia  e beni culturali, fornisce indicazioni per la progettazione di una ricerca storico-didattica, e infine, dopo aver chiarito il significato didattico di modulo, ne analizza le parti costitutive e  propone alcuni esempi.

 

La terza parte della dispensa è dedicata alle esercitazioni, alla fase in cui, alla riflessione, segue l’applicazione della metodologia.

Gli studenti della Scuola di specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria e i docenti in formazione sono invitati di volta in volta a considerare le specificità delle unità d’apprendimento su cui si trovano a operare, seguendo le indicazioni metodologiche esposte nella seconda parte della dispensa. E’ anche un’occasione per prendere dimestichezza con il lessico della didattica e con i materiali che vengono abitualmente prodotti e/o utilizzati dagli insegnanti nell’adempimento del loro compito professionale.

 

Questo manuale ha così la finalità di stimolare la riflessione sui percorsi formativi

per i futuri docenti di storia. Esso nasce, almeno in parte, dall’esperienza “sul campo” della SISS valdostana e si pone anche come “apripista” di una collana di sussidi didattici che ha l’intenzione di valorizzare gli sforzi di interpretazione dei curricola da parte del Comitato di Proposta dell’Università della Valle d’Aosta, facendo tesoro delle rispondenze degli studenti registrate nel corso degli anni.

 

 

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